Tagliacozzo. Sala gremita nella Taverna Medioevo di Tagliacozzo, nello scorso pomeriggio. Tifosi giallorossi di ogni età, appassionati di calcio e sport e non solo. Tutti per ascoltare le parole di Piero Torri, cronista in pensione del
Corriere dello sport, chiamato per presentare il suo nuovo libro “Avventure di un cronista romanista”. Un paio di ore trascorse all’insegna della storia del calcio, della cultura sportiva del club romanista, ma soprattutto in onore di quello che è il mondo dello sport, della sua evoluzione e di alcune radici indelebili che dovrebbero rimanere inalterate, come la determinazione e la passione nel seguire un sogno.
“Ho scritto questo libro come medicina della mia pensione”, introduce l’appassionato tifoso della Roma, “è stato un modo per ripercorrere quella che è stata la mia attività, il realizzarsi del mio sogno di quando ero bambino: diventare un cronista sportivo”, afferma, “oggi continuo con la mia attività giornalistica da tifoso con Teleradiostereo, dopo anni trascorsi in televisione, con la storica Signora Giallorosso. Nel libro, invece, riporto in parte la mia storia passata e recente nella capitale come cronista sportivo, ma soprattutto come romanista. Nei primi capitoli, parlo degli arbori della mia passione per la squadra, non potendo non trascurare il patrimonio genetico della maggior parte dei romanisti: l’amore per la città di Roma; dopo i capitoli iniziali su quello che ho potuto imparare da una magica, strana e coinvolgente città come la capitale, nel seguito mi tuffo nel mio cuore, emotivamente legato al destino dell’As Roma, trattando i campioni più grandi della squadra che ho sentito più vicini, cominciando da Agostino Di Bartolomei, per me il mio capitano da giovane, arrivando al mitico Francesco Totti, che ho visto crescere da quando aveva 13 anni.”, spiega Torri, “non posso trascuarare la tifoseria della squadra, punto cardine anche se a volte , dei tifosi che spesso vengono criticati, ma che io non cambierei mai. Quello che un po’ mi dispiace è sicuramente vedere nuove generazioni troppo legate alla vittoria”, conclude, “tifare Roma è un impegno emotivo, è vero, ma regala grandi soddisfazioni che poche squadre possono vantare nella tifoseria… sarò di vecchio stampo, ma per me l’importante è partecipare, metterci il cuore, sognare”, conclude il giornalista, “Il mondo del calcio è cambiato. Conta apparire più che essere, come invece era prima. In questi tempi, della finta onnipontenza umana, dico solo che se dovessi fare un regalo a mia figlia, se potessi, le regalerei un sogno”.
Prima della conclusione dell’evento abbiamo avuto modo di domandare a Torri, gli attuali rapporti con la famiglia Sensi, dati alcuni passati disguidi tra il giornalista e la sorella del presidente, ma soprattutto quanto abbia pesato sull’associazione sportiva la vicenda del crack finanziario: “Per Franco Sensi ho una notevole stima e anche affetto, ricordando i tempi prima della sua malattia”, risponde, “per fare un aneddoto, una volta scrissi sul Corriere: la Roma ha comprato Candelà. Non era ancora ufficiale. La mattina dopo, il presidente Sensi mi insultò tantissimo, perché in pratica gli avevano alzato la quota del cartellino del giocatore, ma io avevo fatto il mio lavoro. Tuttavia, la sua non era una reazione da presidente a giornalista, era una reazione da Franco Sensi a Piero Torri, una reazione vera, così come dovrebbe essere sempre”, continua, “quando Sensi si allontanò per malattia fu un momento molto pesante e duro per la società. Al momento di rilevare la squadra, Italpetroli aveva milioni di debiti con l’Unicredit al momento dell’acquisto della Roma. Dedite maggiormente agli interessi della società Italpetroli, in quel momento le figlie di Franco hanno cercato di trarre profitto per risollevare la famiglia, che seppur in crisi, non avrebbe mai potuto avere problemi di cibo. Il tutto ai danni della Roma. Basti osservare che ancora oggi, ci sono cause risalenti a quel periodo, nelle quali, medici e giocatori, come Batistuta, richiedono alcuni premi garantiti dai contratti che dall’epoca, non sono stati ancora versati. In queste particolari, era divenuta lampante la gestione della figlia di Franco, Rosella Sensi: l’obiettivo era salvare la famiglia” conclude, “questo non potrò mai perdonarlo, sinceramente, perché la Roma non è la squadra del presidente, è la squadra di tutti i giocatori, tifosi e operatori all’interno”. Raffaele Castiglione Morelli