Avezzano. Aprono al pubblico, dal primo maggio prossimo, nei locali dell’ex mattatoio comunale di Avezzano, il nuovo Lapidarium e il Museo del Prosciugamento del Fucino, primi fondamentali tasselli dell’ampio progetto de “L’Aia dei Musei” che rappresenta un importante momento culturale per la città marsicana, con il contestuale recupero e la riqualificazione di un’area dismessa del suo tessuto urbano. La presentazione del progetto è avvenuta questa mattina in municipio alla presenza del sindaco Antonio Floris, del presidente dell’Associazione Antiqua, Flavia De Sanctis, del presidente della Provincia, Antonio Del Corvo, del responsabile della Soprintendenza dei Beni culturali, e dei partner Fondazione Carispaq, rappresentata dall’avvocato Margutti, e Confagricoltura, con Stefano Fabrizi.
Nel Lapidarium, chiamato “Le Parole della Pietra”, sono esposti con rigore scientifico e, al tempo stesso, con facile comprensione didattica, antiche epigrafi, rinvenute nel corso dei secoli e finora custodite in depositi del Municipio di Avezzano non fruibili al pubblico, che raccontano il passato della Marsica attraverso storie di vita privata, religiosa e politica.
Una prima piccola sala, dedicata ad Avezzano prima del terremoto del 1915, testimonia il trascorso di una città scomparsa e totalmente sconosciuta, dove stemmi gentilizi, lo splendido portale della Chiesa di San Nicola, i capitelli della Cattedrale di san Bartolomeo e altri pezzi di grande valore provenienti da edifici non più esistenti, sollecitano un sentimento di appartenenza quasi estraneo al nuovo popolo avezzanese e, nello stesso tempo, nostalgia per quello che non è più. Le altre sezioni, dedicate alle antiche iscrizioni, ricordano un passato glorioso con l’esposizione di epigrafi riferite a personaggi della storia, dal dittatore Silla al capo della Lega Italica Poppedio Silone, e provenienti dalle aree archeologiche di Alba Fucens, Marruvium, Lucus Angitiae e Ortona dei Marsi.
“Il Filo dell’Acqua” – Museo del Prosciugamento del Fucino, si avvale di un allestimento moderno e multimediale per illustrare la grande opera idraulica che ha portato alla scomparsa del terzo lago d’Italia per dimensioni, modificando indelebilmente il destino di generazioni di uomini che da pescatori divennero contadini.
Il lago e la sua storia sono narrati in un percorso variegato e multiforme, in cui le citazioni di storici greci e latini si intrecciano con le immagini di ciò che era il Fucino e le voci supplicanti degli abitanti disperati per le sciagure che esso causava. I grandi progetti degli ingegneri dei tempi passati sono raccontati, talvolta, come l’inverosimile antefatto della magnifica impresa portata a termine da Alessandro Torlonia nella seconda metà dell’Ottocento. Nel percorso museale l’opera di prosciugamento viene illustrata in tutte le sue sfaccettature dedicando ampio spazio a quanto essa abbia contribuito alla definitiva trasformazione ambientale ed economica del territorio marsicano.
La testimonianza di Alexandre Dumas, che nel 1863 scrisse “La Marsica e Il Fucino” ben riassume lo stupore di quanti vennero in contatto con questa impresa:
“Il principe Alessandro Torlonia terminò un’opera ideata da Cesare, creduta irrealizzabile da Augusto, tentata da Claudio, ripresa inutilmente da Adriano e da Traiano e che nel corso di diciassette secoli aveva reso vani gli sforzi di Federico di Svevia, di Alfonso I d’Aragona, del contestabile Colonna e di Ferdinando IV. Vedete bene che valeva la pena deviare di poche miglia il cammino per ammirare un’opera che l’antichità, se avesse saputo compierla, avrebbe chiamato l’ottava meraviglia del mondo.”
“L’Aia dei Musei”, nata dalla collaborazione tra il Comune di Avezzano e l’Associazione Culturale Antiqua con la partecipazione della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici d’Abruzzo e il prezioso contributo della Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila, prende il via con grande impegno, ma anche con la speranza di realizzare, finalmente, un luogo della cultura del passato in una città che, in crescita, ha l’esigenza di valorizzare la sua storia nella convinzione delle parole di Aristotele: “le radici della cultura sono amare, ma i frutti sono dolci”.