Tagliacozzo. Esco alle 6.45, 10 minuti scarsi per raggiungere la stazione e poi salire sul treno diretta a Tagliacozzo. Mi aspetta un viaggio di due ore, ma tra lavoro e tecnologia mi passeranno in un batter d’occhio. Arrivo alla stazione di Palmiro Togliatti, deserto. Una voce a singhiozzo dall’altoparlante spiega qualcosa che difficilmente si comprende. Dopo il terzo messaggio capisco che il treno è stato soppresso e che c’è un bus sostitutivo, peccato che non si capisce dove passi. Esco, giro intorno alla stazione, ma niente. Raggiungo in macchina Roma Tiburtina, c’è un treno alle 7.42, spero di prendere quello. Alla biglietteria mi avvisano che il treno è stato cancellato ma alle 7.46 parte un convoglio per Tivoli posso prenderlo e poi da lì proseguire con un altro treno fino a Tagliacozzo. Dopo 10 minuti di cammino tra scale mobili, corridoi vuoti, e scalinate infinite arrivo al binario. Arrivano due treni metropolitani carichi di gente che quasi mi travolge. Alle 7.50 del treno non c’è traccia. Alle 8 un ferroviere non in servizio passa, vede un gruppo di persone affrante e infreddolite, e mosso a compassione chiama gli uffici in cerca di notizie che purtroppo per noi sono pessime. Il prossimo treno è alle 8.45, arriverà a Tivoli e poi da lì si vedrà come procedere. Dopo l’ennesima attesa arriva l’atteso convoglio. Scendono circa mille persone che viaggiano strette come le sardine. Noi saliamo subito, sia per l’ansia di tornare a casa sia per ripararci dal freddo. L’odore è a dir poco nauseante, i sedili sono rotti e il corridoio pieno di carte e giornali abbandonati dai pendolari che ci hanno preceduto. Dopo qualche minuto si parte. Il treno si ferma a ogni stazione fino ad arrivare, dopo circa un’ora, a Tivoli. Il controllore passa a verificare se abbiamo vidimato il biglietto, ma alla domanda come procederemo fino a Tagliacozzo non sa rispondere. Una volta arrivati a destinazione scendiamo dal treno in tutta fretta e vediamo al binario 2 un treno che borbotta, molto vintage, con soli tre vagoni. Tutti salgono veloce e, pur non avendo conferma che sia quello il convoglio diretto in Abruzzo, mi accodo. Una volta sopra mi guardo attorno sbalordita. Il treno fa uno strano rumore ed è invaso da un odore nauseante di carburante, sembra uscito da un film. Un controllore conferma che il convoglio a vapore, ops a diesel, è diretto ad Avezzano. Il viaggio è tutto un saltellare. Il treno procede spedito, come un Frecciarossa quando si ferma in stazione, e nei punti più critici rallenta anche. Arriviamo a destinazione alle 10.50, giusto a quattro dall’ipotetica partenza. Non posso dire che sia stato un viaggio noioso. Ah quasi dimenticavo: tutto questo trambusto c’è stato perché 9 giorni fa per il maltempo una centralina dell’Enel si è bruciata. Visto che stiamo in un Paese poco evoluto per aggiustarla Trenitalia ha annunciato che ci vorranno 12 giorni. E intanto le frecce sfrecciano su e giù per l’Italia. (e.b.)