Avezzano. Il 3 maggio rimarrà impresso nella storia della Marsica per il passaggio da Micron a LFoundry dello stabilimento più grande del territorio. Il sito, che produce memorie volatili, cambierà di nuovo pelle e tenterà una nuova strada. Oggi, infatti, è previsto il “closing” ossia la chiusura definitiva della cessione dell’azienda dalla multinazionale americana alla Marsica Innovation Technology, formata per il 51% dalla Jv Marsica srl e per il 49% dalla tedesca LFoundry. Un cambiamento che in realtà porta con se tanti pezzi di quello che è stato. La nuova società che si occuperà di gestire lo stabilimento del nucleo industriale, infatti, sarà formata dal management della Micron e in parte anche dai dipendenti del sito. Per quanto riguarda la produzione, invece, ci saranno delle modifiche, ma non nell’immediato. Aptina, uno dei principali clienti di Micron Avezzano, rimarrà per 4 anni e parallelamente la Jv Marsica inizierà a trovare anche nuove commesse che spazieranno in diversi campi. Per quanto riguarda i dipendenti, poi, è prevista la mobilità volontaria – con un premio per chi lascerà l’azienda – e la cassa integrazione per almeno altri due anni. Ancora poco chiaro il numero degli esuberi che, secondo l’ultima comunicazione, dovrebbero essere circa 300. Micron, seppure lascerà il sito, rimarrà in Marsica con 100 dipendenti che si occuperanno principalmente di ricerca. Quando Micron arrivò ad Avezzano era il 1998 e il gruppo di Boise (Idaho) si insediò nel principale nucleo industriale del territorio per rilevare i centri produttivi che la Texas Instruments aveva nel mondo, tra cui il nuovo e moderno stabilimento avezzanese. La struttura era stata aperta nel 1989 e conservava per questo anche una “dote” di 500 miliardi di vecchie lire come contributo pubblico non utilizzato. La Micron spiazzò tutti con un esordio clamoroso, comunicando al Governo italiano di voler rinunciare al finanziamento pubblico. L’obiettivo principale fu, infatti, quello di riconvertire la produzione agli standard di innovazione e qualità ma visti prima in un settore molto avanzato. Nel giro di venti anni più di quaranta produttori mondiali di semiconduttori e memorie Ram furono sbaragliati, nonostante la grande richiesta del prodotto che cominciava a spopolare nei personal computer. Il prezzo da pagare furono le 12 ore di lavoro, una novità nel panorama industriale italiano, ma anche una decisione difficile da digerire per i sindacati che fecero una dura battaglia contro il nuovo assetto gestionale. In breve tempo, la Micron Technology Italia divenne un polo tecnologico di eccellenza mondiale per la produzione di wafer (dischi di silicio) con tecnologia d’avanguardia, progettando soprattutto memorie non volatili di tipo Nand. Nel 2006 fu annunciato un investimento di 6 miliardi di dollari per il raddoppio dello stabilimento, ma il potenziamento non arrivò mai. Lo spartiacque ci fu nel 2007 quando la multinazionale americana propose la realizzazione di una torcia al plasma da utilizzare per incenerimento e gassificazione dei rifiuti. La popolazione locale si oppose e il progetto saltò. Nel febbraio 2010 Micron acquistò Numonyx, azienda nata da spinoff di Intel ed Stm.