Avezzano. Le fabbriche simbolo del benessere e del lavoro negli anni 80′ – 90′ stanno diventando ormai delle scatole vuote dalle quali i dipendenti, uno dopo l’altro, vanno via lasciandosi dietro sogni e speranze. I terreni del Fucino, un tempo considerati una ricchezza per questa terra, sono diventati per alcuni dei pesi perchè la mancanza di ricambio generazionale non permette agli agricoltori di portare avanti il lavoro dei padri e in alcuni casi dei nonni. Le aziende sanitarie continuano a razionalizzare il personale e parallelamente le attese e i disagi per i pazienti aumentano. Tutto questo non è un quadro nero di un paese in caduta libera, ma una panoramica del mondo del lavoro nella Marsica oggi. Mentre tutta l’Italia si prepara a festeggiare il lavoro che nobilita l’uomo e come disse il vescovo Santoro in un incontro con i dipendenti Micron “rende liberi” questo grande apparato si comincia a sgretolare a causa della crisi economica e della razionalizzazione della domanda. Il dato comunicato ieri dai sindacati non è affatto rassicurante. In Italia ci sono 635mila giovani tra i 15 e i 24 anni che cercano un posto di lavoro. La disoccupazione è pari al 38,4% e viste le proiezioni poco rassicuranti è destinata ad aumentare. In Abruzzo negli ultimi tre mesi hanno chiuso 1.000 aziende con una perdita consistente di posti di lavoro. Un quadro tutt’altro che rassicurante che diventa sempre più nero se ci avviciniamo verso la Marsica. Negli ultimi mesi abbiamo parlato incessantemente della vertenza Micron. Un’azienda che da lavoro a 1.623 persone passerà nelle mani di una nuova società la quale, però, avrà bisogno di un numero minore di operai. Secondo il
direttore generale Sergio Galbiati ci saranno almeno 300 esuberi che per ora stanno controllando con la cassa integrazione ma, a breve, verrà proposta ai dipendenti anche la mobilità volontaria. Ma la Micron non è l’unica fabbrica del territorio a vivere un momento difficile. Sono dovuti ricorrere agli ammortizzatori sociali anche la Santa Croce, la Coca Cola, la Hydro, la Cartiera e tante altre piccole aziende che danno da mangiare a centinaia di operai. Senza dimenticare poi i dipendenti delle cliniche sanitarie in cassa integrazione o i precari del mondo della scuola. Non va meglio nell’altro settore forte della Marsica: l’agricoltura. Anche se l’economia del territorio si regge ancora tutta sul Fucino la situazione non è delle migliori. I mercati sono in crisi e di conseguenza i contadini, che già devono far fronte ogni anno alle difficoltà legate agli agenti atmosferici, sono costretti a stringere la cinghia. Molti si reinventano e oltre alle patate e alle carote pensano a nuove colture, ma anche a impianti fotovoltaici e centrali a biogas che assicurano un budget annuale fisso. Il settore dell’agricoltura è anche quello dove è maggiormente sentita la piaga del lavoro nero. Negli ultimi anni sono arrivati nel Fucino migliaia di cittadini extracomunitari che lavorano per poche decine di euro e poi vivono in posti di fortuna pur di risparmiare e mandare a casa i soldi per la famiglia. Sono persone sole, che vengono in Italia spesso pagando cifre enormi con la promessa di essere integrati in un sistema lavoro che poi non esiste. Oltre a loro nella Marsica ci sono anche centinaia di giovani disoccupati che prendono la valigia e partono alla ricerca di un posto di lavoro. In questa fotografia poco rassicurante del mondo del lavoro oggi nella Marsica non ci resta che augurarvi un primo maggio fatto di riflessione e soprattutto speranza in futuro migliore.