Avezzano. Il Gup, Marco Billi, al termine dell’udienza che si è svolta ieri al Tribunale dell’Aquila per il processo denominato “Parentopoli”, ha assolto con rito abbreviato, per alcuni capi d’imputazione, alcuni degli indagati nella vicenda. In particolare il vicepresidente del consiglio regionale Giovanni D’Amico, Nazzareno Fidanza, ex presidente del Parco regionale Sirente-Velino, Franco La Civita, dirigente del servizio Riforme istituzionali della Regione, Alessandra Manni, Fabio Fidanza, Sonia Pantoli e Marina Flati e Antonio Iovino.
Tra le diverse contestazioni c’era la riammissione di una candidata, Alessandra Manni, a un concorso. Secondo l’accusa, Antonio Iovino, ex dirigente regionale del servizio organizzazione e sviluppo delle risorse umane, avrebbe riammesso la candidata in maniera illecita, dopo una prima esclusione, favorendo inoltre la Pantoli, rivelando le tracce per un concorso. Le accuse si erano fondate soprattutto sulla base di intercettazioni telefoniche e ambientali in cui compaiono anche alcuni consiglieri comunali di Avezzano, ed ex consiglieri regionali. L’inchiesta partì in seguito ad una denuncia del consigliere regionale di Forza Italia, Giuseppe Tagliente.
La decisione dal giudice Billi ha in sostanza smontato buona parte della parentopoli d’Abruzzo e in particolare le accuse sui presunti favoritismi per entrare alla Regione. Rinviati a giudizio invece il 14 maggio per falso, oltre a Iovino, anche Rocco Totaro, dirigente medico di neurologia del San Salvatore, Rosa Norcaro, madre di Antonio Iovino e Paolo Cesare Giffi. Secondo il legale di Giffi, Antonio Milo, non è stata data risposta adeguata alle accezioni di incompetenza territoriale. Il collegio difensivo era composto dall’avvocato Roberto Verdecchia, Francesco Innocenzi, Mauro Calore e Massimiliano Parla.