Avezzano. «Un giorno salirò su quella montagna!». Non era un sogno, non era un’idea, era una promessa. Guardando la vetta che spiccava tra le nuvole morbide, Henri, disabile fisico, era convinto che un giorno ce l’avrebbe fatta. Era sicuro che quelle nuvole le avrebbe superate, che sarebbe volato così in cima tanto da vedere il mondo dall’alto. A chi Henri raccontava il suo sogno restava scosso e pensava che era solo una fantasia, gettata lì tanto per esorcizzare i problemi di un mondo difficile. Ma quello di Henri non era un sogno, era una promessa, una promessa con l’universo, ma soprattutto con se stesso. Henri credeva che un giorno ce l’avrebbe fatta. E chi sente nell’animo un sentimento vero, un desiderio sincero, chi vede chiaro il suo punto d’arrivo alla fine ce la fa. Chi ha l’amore nel cuore non resta deluso perché alla fine, prima o poi, quell’amore profondo sarà la strada per mantenere la promessa. «Non ci saranno ostacoli a fermare il cammino in salita», pensava Henri nel suo cuore, «ogni sentiero scosceso verrà superato, ogni roccia tagliente scavalcata, ogni burrone evitato, con la forza, con il cuore».
E proprio il cuore di quaranta uomini e donne coraggiosi, innamorati della montagna, ha permesso a Henri di mantenere la promessa e di raggiungere la vetta del Velino, 2.486 metri di altitudine. Non è un sogno, è tutto vero.
La spedizione, promossa dal Parco regionale Sirente Velino in collaborazione con FederTrek ed EthnoBrain, ha trasportato Henri, disabile motorio originario di Canistro, ma residente in Francia, grazie a una “joelette” (speciale carrozzella da fuori-strada) fino alla cima del monte che guarda la Marsica. Una sfida tra paure ed emozioni, tra forza e cuore. Il gruppo è partito dal piazzale dell’area protetta a pochi passi dalla frazione di Rosciolo e, percorrendo il sentiero tra boschi e alberi frondosi, tra rocce e sentieri ripidi, è arrivato sabato pomeriggio fino alla capanna del Sevice a 2.119 metri di altitudine. Le difficoltà durante la prima parte del percorso non sono mancate. Il fiato si rompeva di fronte alla salita, il sole acceso disidratava i portatori, il vento bruciava la pelle del viso, i muscoli si contraevano sotto il peso della gravità. Per proteggere Henri Benegni, quarantasettenne residente ad Avignone, e impedire che i movimenti della joelette potessero scuoterlo, gli alpinisti hanno usato mille accortezze nonostante lo sforzo e la fatica. Non sono mancati momenti di gioia quando il gruppo, capitanato da Leonardo Paleari, responsabile dell’area sociale di Federtrek, ideatore e promotore dell’iniziativa, ha raggiunto il fontanile e subito dopo il rifugio del Sevice dove sono state montate le tende vicino alla casetta montana per trascorrere la notte. Domenica mattina il ranch finale. All’alba la spedizione è partita per la cima del Velino a 2.486. Gli alpinisti hanno cercato di alleggerire gli zaini sapendo che l’ultimo tratto sarebbe stato il più difficile. Il giovane italo-francese, dopo aver ironizzato sul suo peso, si è accomodato sulla joelette e, nonostante la tensione e la paura, si è goduto lo spettacolo. I volontari hanno affrontato con tenacia gli ultimi 500 metri di dislivello alternandosi di continuo per trasportare la joelette. Una volta raggiunta la cima, poi, Henri è sceso e, a piccoli passi, ha raggiunto la croce posizionata sulla vetta. Tra i battiti di mano e l’emozione di tutto il gruppo, ha suonato la campana. «Oggi è un giorno speciale», ha commentato il giovane sulla cima del Velino mentre cercava di individuare il suo paese d’origine, «spero che in Abruzzo, come in Francia, tutti i percorsi di montagna possano avere una joelette a disposizione per permettere anche ai diversamente abili di godere di questi panorami e di mantenere la promessa con se stessi». Henri ha dimostrato che, nonostante le difficoltà, se si crede veramente nei propri sentimenti, è possibile superare ogni ostacolo ogni problema, ogni sofferenza, e guardare il mondo in modo diverso, guardare la vita dall’alto del proprio cuore. Pietro Guida