Avezzano. Le prime ore. Il terremoto della Marsica del 1915 alle ore 7,48 e 7,53 fu una catastrofe di origine sismica che, oltre a fare 30.519 vittime nelle sette province colpite, di cui 28.000 nella sola Marsica, mise in luce l’inadeguatezza dello Stato unitario nel primo Novecento nell’affrontare le emergenze naturali del Bel Paese. La tragedia del sisma del 1908 a Messina, infatti, aveva insegnato poco o nulla al Governo. Non esisteva un piano di emergenza nazionale per le calamità, non esisteva un corpo di protezione civile né un piano di coordinamento tra le associazioni di volontariato e gli enti morali esistenti. Tutto era lasciato al caso e alle capacità organizzative di pochi.
Seriamente danneggiata la rete del telegrafo della zona, la più veloce forma di contatto con Roma divenne il treno a cui affidare richieste di soccorso, nonostante all’altezza di Cappelle dei Marsi i binari sembravano anch’essi danneggiati e nonostante la stazione di Avezzano fosse diventata inagibile. All’assenza di un piano nazionale di protezione civile, quindi si aggiunse la difficoltà nel far giungere la notizia del terremoto al governo centrale. Ad Avezzano e nei centri limitrofi, per un crudele scherzo del destino, le autorità erano rimaste vittime dei crolli: era morto il Sindaco di Avezzano Giffi ed era perito il sottoprefetto De Pertis. Vittime del sisma anche il Presidente del tribunale, il Capitano dei Carabinieri e gran parte dei militari presenti nella caserma di città. Fu solo nella tarda mattinata che da Tagliacozzo giunse la prima segnalazione a Roma. Furono le assenze, evidenti, chiare e angoscianti, a far capire a Roma all’intelligenza di singoli individui, che l’area era individuabile e che qualcosa di terribile era accaduto: il mancato arrivo a Tivoli del treno mattutino proveniente da Avezzano e il silenzio persistente dei segnali telegrafici da tutta la Marsica.
Volontari da Arsoli e da Carsoli. Dalla stazione Termini di Roma alle ore 13,00 del 13 gennaio partì un treno con alcuni funzionari statali con l’incarico di “valutare l’entità dei danni”. Tra questi erano presenti il comm. Di Domenico, Ispettore generale del ministero del’Interno e l’on. Sipari, deputato del collegio di Pescina. Durante il tragitto circa venti volontari salirono sul convoglio da Arsoli e altrettanti da Carsoli, per correre in aiuto degli abitanti della Marsica. Alle ore 19,00 partì dall’Aquila un primo drappello consistente in cinquanta uomini, purtroppo però inutilmente attrezzati con fucili, invece che con badili.
Alle ore 23,30 l’Ispettore generale Di Domenico e l’On. Sipari giunsero a Roma e fu immediatamente organizzato un treno di soccorso con ospedale da campo, medicinali, coperte, materiali di prima necessità e seicento uomini per il primo intervento. Nel frattempo i volontari arsolani e quelli di Carsoli stavano scavando a mani nude o con strumenti di fortuna, individuando i lamenti e liberando quanti più potevano dalle macerie. Per essere individuati e per riconoscersi tra di loro, usarono di legarsi al braccio sinistro un fazzoletto bianco, come risulta anche dalle foto dei primi giorni. L’elenco completo con i loro nomi ancora oggi non esiste, nonostante sia stata conferita dallo Stato una medaglia ai soccorritori. Tuttavia è inalterata la gratitudine profonda che a 101 anni di distanza il popolo Marso nutre nei loro confronti.
Gli Scouts del C.N.G.E.I. Nati in Italia come associazione nel 1912, per opera di Carlo Giovanni Colombo, gli scouts laici del Corpo Nazionale Giovani Esploratori Italiani erano una realtà associativa importante già all’inizio del 1915 e tuttora sono la più antica associazione scout in Italia. Seguendo il motto del fondatore mondiale dello scoutismo, Lord Robert Baden Powell, “Sii preparato”, all’indomani della tragedia sismica della Marsica, esploratori del CNGEI provenienti da vari reparti d’Italia giunsero ad Avezzano pronti ad offrire il loro contributo. Il 17 gennaio 1915, alcuni di loro risultano immortalati in piazza San Bartolomeo, mentre cercavano di aprire un varco tra le macerie nella parte a nord della piazza. Dato l’arrivo di reggimenti militari completi, dal 20 gennaio in poi, il loro aiuto si ridimensionò svolgendo un contributo tecnico-organizzativo per la popolazione superstite, come svolgere il montaggio di tende da campo ed eseguire la distribuzione di coperte e beni di prima necessità.
Don Orione e don Guanella. Essendo i soccorsi della prima settimana delegati all’iniziativa di singoli e di associazioni, il pensiero lucido di Don Luigi Orione fu di concentrare le sue forze per raccogliere i bambini orfani, rimasti allo sbando. La presenza in Avezzano del santo fu breve ma intensa. Grazie al suo impegno, proseguito da Tortona, per la realizzazione di un orfanotrofio in città, l’ing. Sebastiano Bultrini, autore del PRG post sisma, inserì nell’attuale via Camillo Corradini l’area da edificare per l’orfanotrofio. Il centro Don Orione fu poi edificato con somme varie provenienti da fondi ecclesiastici e statali. Agli orfani il sacerdote assicurò gratuitamente fino alla maggiore età: tranquillità, tetto e letto, abiti e pasti caldi, diritto all’istruzione. L’altro sacerdote, anch’esso oggi santo, Don Guanella nel 1915 aveva 72 anni e versava in cattive condizioni di salute, tanto da morire il 24 ottobre dello stesso anno. Tuttavia il 10 febbraio si recò nella Marsica, accompagnato da Don Aurelio Bacciarini. Visitò la città ma dato l’aggravarsi delle sue condizioni, fu costretto a tornare a Roma la sera stessa. In aprile, Don Orione scrisse “il Servo di Dio Don Luigi Guanella, accorso anche lui benché settantenne, con l’attuale Vescovo Mons. Bacciarini sui luoghi del disastro”. Don Guanella contribuì presso la colonia San Giuseppe e all’interno dell’ospizio San Pancrazio in San Pio X all’allestimento di locali in Roma per il maggior numero di terremotati. Partirono inoltre dalla capitale verso la Marsica le sue Suore con l’incarico di prendersi cura degli orfani e degli anziani.
Nazario Sauro. Giunse alcuni giorni dopo la tragedia con propri mezzi e allestì la sua tenda da campo nell’attuale via Garibaldi, montando la piccola tensostruttura di fronte al villino Palazzi che resistette al sisma, ma il patriota vi faceva ritorno solo a tarda ora, stremato dalle fatiche fisiche. Il suo aiuto fu di volontario nel recuperare vittime e superstiti dalle macerie, si aggiunse perciò ai volontari da Arsoli e Carsoli e girava per meglio essere identificato con il fazzoletto bianco al braccio sinistro. Il popolo avezzanese, l’8 febbraio 1931, con gratitudine scoprì una lapide a lui dedicata, presso il portico del municipio avezzanese.
L’Azione Cattolica. Il ruolo delle associazioni d’ispirazione religiosa fu quello di contribuire a normalizzare la vita dei superstiti. Il problema più grande, infatti, era che con la distruzione architettonica e urbanistica di Avezzano, erano venuti a mancare anche i servizi essenziali quali: la panificazione, la distribuzione dell’acqua potabile, la fornitura di pasti caldi, la distribuzione di vestiario e calzature di ricambio. L’Azione Cattolica dette un valido contributo in tal senso, allestendo una mensa temporanea per superstiti presso l’attuale via Marruvio. Il refettorio offriva ogni giorno ai sopravvissuti un totale di 400 pasti gratuiti, tra pranzi e cene.
La Croce Rossa Italiana. Data la sua straordinaria organizzazione fin dalla sua fondazione, la Croce Rossa Italiana contribuì in modo importante ai soccorsi post sisma, predisponendo un campo di Pronto Soccorso fornito di una tenda operatoria e adiacenti tende da degenza. Come dimostrano le foto dei 28 rullini fotografici ufficiali, scattati nelle prime settimane dopo il terremoto, il campo di primo soccorso della C.R. venne allestito ad Avezzano in via Napoli, presso una radura, a poca distanza dalla casa distrutta del sindaco Giffi. Uomini e vetture della Croce Rossa in quei giorni lavorarono febbrilmente per strappare alla morte certa i feriti, appena estratti dalle macerie. I casi da ortopedia erano bendati con cura e portati in barella fino alla stazione ferroviaria per gli ospedali romani, i casi di lacerazioni, ferite con perdite di sangue, erano curati o operati sul posto e messi nelle tende da degenza. Complice il freddo intenso, molti di questi ultimi casi migliorarono clinicamente a poche ore dalle prime cure. Non c’è dato di sapere quanti avezzanesi ebbero salva la vita grazie alla Croce Rossa ma il loro numero consiste almeno in varie centinaia di individui.
L’Ente Regio “Orfanotrofio Regina Elena”. Similmente all’Opera di Don Orione, l’Ente Regio “Orfanotrofio Regina Elena”, fu un’istituzione voluta dalla casa Reale per la tutela degli orfani, specialmente in casi di guerre, epidemie e calamità naturali. L’intenzione dei Savoia era di occuparsi dei minori rimasti soli, strappandoli ai pericoli della strada, dando loro un’educazione civile e religiosa che, seppur rigida agli occhi dei contemporanei, avrebbe permesso a costoro da adulti di essere buoni cittadini e di inserirsi nel mondo del lavoro per costruirsi un solido futuro. Con l’aiuto di alcuni religiosi, l’ente Regio costruì in Avezzano presso l’attuale via Monte Velino una serie di baracche in legno con tetto a capriata, in cui furono allestite camerate e letti per i giovani orfani avezzanesi. Secondo scaglioni bimestrali essi furono poi trasferiti nella capitale attraverso i canali dell’Ente Regio e qui, similmente all’opera Don Orione inseriti in istituti statali di istruzione con vitto e alloggio interni, fino alla maggiore età.
I Vigili del Fuoco di Savona. Fino agli anni Venti del Novecento, l’Italia era priva di un corpo statale di Vigili del Fuoco in quanto molti di essi erano prosecuzione diretta degli stati preunitari. L’origine dei Pompieri è antichissima, fonti storiche riportano, infatti, che in Roma antica esisteva uno specifico corpo di soldati dotati di carri con botti colme d’acqua, dediti allo spegnimento d’incendi e operazioni di emergenza. Nei primi del XX secolo mancava però una legislazione unificatrice dei Vigili del Fuoco del Paese, organizzati sotto un unico comando e un’unica logica tecnica. In alcuni casi addirittura si trattava di locali volontari, spinti da buona volontà, senza mezzi né preparazione ma il loro contributo risultò spesso vitale. I Vigili di Savona, appresa la notizia del sisma della Marsica vollero offrire il loro aiuto, giungendo nella fine di gennaio 1915 in Avezzano. La loro opera, oltre che nello spegnimento di incendi, fu concentrata nel recupero di vivi e salme dalle macerie. Instancabilmente dal mese di febbraio in poi si occuparono anche di creare percorsi tra i detriti delle abitazioni, rimuovendo materiale, recuperando tegole e coppi in seguito utilizzati, predisponendo camminamenti per meglio agevolare l’uso di barelle per il trasporto di salme.
Lo Stato riconobbe in seguito una medaglia a tutti quelli che si prodigarono per aiutare il popolo Marso a superare questa tremenda prova. La Marsica stessa però, da parte di coloro che persero la vita, di quelli che sopravvissero, di coloro che hanno la possibilità di leggerla oggi e di chi ha scritto queste righe, va il ringraziamento, profondo, intenso e commosso, a quelli che con abnegazione, altruismo e generosità, con mezzi di fortuna oppure meglio organizzati, rischiarono la propria vita, sfidando la neve, il freddo e il buio per salvare la vita di italiani di cui non conoscevano neanche il volto.
Raffaello Di Domenico