Tagliacozzo. E’ stata trovata in un villino, vicino all’abitazione di Pietro Catalano, accusato di aver premuto il grilletto. Si tratta di una piccola pistola calibro 765 probabilmente utilizzata per il delitto dell’ex pugile Marco Callegari e che Catalano aveva addosso al momento della colluttazione. Secondo gli investigatori potrebbe essere quella l’arma che ha sparato giovedì pomeriggio in una piazzola di sosta della Piccola Svizzera. Saranno, ovviamente, gli accertamenti balistici a confermare questa ipotesi, ma il ritrovamento da parte dei carabinieri di questa arma, vicino all’abitazione di Catalano, rappresenta una svolta importante nelle indagini. Intanto i militari di Tagliacozzo hanno trovato un romeno in coma all’ospedale, mentre altri quattro connazionali indagati per concorso in omicidio sono stati fermati e interrogati , oltre ad essere riconosciuti durante la lunga notte da un testimone amico della vittima in un confronto all’americana. Sono difesi dagli avvocati Antonio Pascale che ne assiste due, Sonia Giallonardo e Andrea Tinarelli. Sembra davvero imminente dunque la svolta nelle indagini per il delitto di Marco Callegari. Si stringe il cerchio intorno ai tanti sospettati quattro dei quali, oggi pomeriggio, sono stati fermati e portati in caserma. Diverse ore di interrogatorio per capire, ricostruire e far luce su un delitto tanto oscuro. Gli inquirenti stanno mettendo insieme i pezzi di un inquietante mosaico di sangue. Sono sulle tracce dei complici di Pietro Catalano, arrestato con l’accusa di omicidio volontario dell’ex pugile e occasionale addetto alla sicurezza in alcuni locali marsicani. Ci sono altre quattro persone, di nazionalità romena, due dei quali difesi dall’avvocato Tinarelli, in stato di fermo, interrogate ieri nella caserma dei carabinieri di Tagliacozzo. Al vaglio degli inquirenti anche alcuni filmati delle telecamere di sorveglianza di un paio di locali del centro cittadino di Tagliacozzo dove Catalano, insieme ad altre persone, intorno alle 15 del giorno dell’omicidio, cioè un’ora e mezza prima della morte di Marco, si sarebbe fermato per prendere un caffè o comperare sigarette. In particolare è il tragitto percorso da due auto che potrebbe aiutare a ricostruire i tragici fatti di giovedì il cui bilancio è di un morto, brutalmente freddato con un colpo di arma da fuoco, una pistola automatica che ha sparato a distanza molto ravvicinata, all’altezza del torace. Terzo colpo andato a segno, dopo due sparati da Catalano per dare il benvenuto all’appuntamento convenuto con la vittima che avrebbe accettato di incontrare il suo omicida nei pressi del maneggio Arcobaleno anziché nel laghetto Valliverdi, a pochi passi da quel luogo. Una telefonata per concordare l’appuntamento all’ora di pranzo, mentre Marco sta consumando il suo ultimo pasto col suo amico in un ristorante della zona. E’ Catalano che chiama Callegari e lo invita, si fa per dire, ad un incontro risolutivo di vecchi rancori . Poi, nel pomeriggio, l’agguato, consumato in pochi minuti, ben organizzato e con pochi imprevisti. Oltre ai due, forse altre dieci persone, forse più, erano presenti in quel luogo e in quel momento. Poi nessuno, la scena si è presentata agli inquirenti con un cadavere sul bordo della strada. Uno dei romeni al momento dell’agguato è rimasto ferito a causa di una martellata scagliata probabilmente da Callegari. Inizialmente si era parlato di un ferito che poi è scappato. Per tutto il giorno si è cercato negli ospedali di zona, poi è stato trovato a Roma, ricoverato in coma con il cranio fracassato. Quel maneggio, sulla provinciale per Cappadocia, sembrava forse un posto più sicuro, o meno rischioso, per Marco Callegari, per quell’incontro, per il quale comunque aveva pensato di portare con se un grosso martello, col quale ha colpito alla testa Catalano, dopo l’accoglienza a colpi di pistola, e rinvenuto dagli uomini della scientifica insieme ai proiettili e alla numerose tracce di sangue. Nessuno ha visto, nessuno ha sentito, nessuno è passato in quei minuti in pieno giorno su una strada provinciale alle porte della città. C’era solo un amico con Marco, unico testimone del tragico evento, unico capace di ricostruire gli accadimenti. Il giovane è indagato per rissa ed è assistito dagli avvocati Luca e Pasquale Motta. E’ stato interrogato fino a tarda notte l’amico di Marco che, ai carabinieri di Tagliacozzo, guidati dal capitano Edoardo Commandè, ha fornito importanti elementi per la ricostruzione dell’intera, intricata vicenda. Non poteva immaginare che sarebbe andata a finire in quel modo Marco, quando ha accettato di incontrarsi, in un pomeriggio di fine estate, con il suo vicino di casa, col quale evidentemente aveva un rapporto non proprio cordiale, e uno dei pochi rimasti ad abitare quelle case di una zona residenziale che fino a pochi anni fa era meta di borghese villeggiatura. Che cosa aveva fatto Marco per meritare quella fine così drammaticamente organizzata? Aveva davvero avvelenato il cane del vicino di casa? Gianluca Rubeo